sabato 31 marzo 2012

Prodotto e sentimento

A tutti noi che ci riempiamo la bocca di parole come cliente soddisfatto o esperienza indimenticabile.
A tutti noi che vendiamo e poi tanti saluti, si rivolga al nostro servizio clienti.
A tutti noi che consegnamo i nostri prodotti chiamandoli pezzi, ma per chi li utilizza sono un pezzo della loro vita.
Ancora dal meraviglioso libro di Guenassia "Il Club degli Incorreggibili Ottimisti", regaliamoci questa pagina ambientata nel 1960 che narra la consegna di un sogno.


Prima di Natale mio padre si era fatto il più bello dei regali. Una DS 19 Prestige
Lucente come uno specchio, vivida
Aveva fatto di tutto per accelerare la consegna ed era riuscito ad averla con tre mesi di anticipo. Siamo andati a prendere la macchina al concessionario del boulevard Arago. A giudicare dal cerimoniale che ha accompagnato la consegna delle chiavi, viene da domandarsi se la parola "macchina" sia appropriata. Dei sacerdoti intenti a celebrare i sacramenti non avrebbero mostrato più ostentazione.
Ce n'era una soltanto.
Di un nero smagliante, lucente come uno specchio, felina, vivida. Le abbiamo girato intorno per convincerci che fosse proprio nostra, senza osare toccarla. Il capofficina ha spiegato a mio padre come usarla. Papà se l'è fatto ripetere più volte e ripassava mentalmente per memorizzare. C'erano pulsanti dappertutto, una radio stereo e cuscini morbidi come poltrone. 
Pulsanti dappertutto, cuscini morbidi come poltrone
Gli inizi sono stati un po' difficoltosi. Mio padre aveva problemi con la leva del cambio sul cruscotto, dietro il volante. L'auto procedeva a scatti come un cavallo che si impenna e rifiuta di farsi montare. Si bloccava e lui era sempre più nervoso. E poi ha scoperto il trucco e la DS è partita. Era lei a guidare, accelerare, frenare, superare. Bisognava semplicemente lasciarla fare.
La DS filava libera come un uccello nel cielo. Nessun'altra auto provava a resisterle. Se le mangiava come zanzare. Mio padre era l'uomo più felice del mondo. Ha cominciato a fare il verso a nonno Philippe parlando con l'accento ribaldo di Gabin, che imitava alla perfezione.


alessandro.giuriani@gmail.com


Tutto nella vita è altrove, e ci si arriva in auto
(Elwyn Brooks White - autore delle Avventure di Stuart Little)

mercoledì 28 marzo 2012

Baita delle Cose Belle n. 1: l'atelier di abat-jour

E' un peccato dare per scontati gli oggetti che utilizziamo ogni giorno. L'abitudine ad averli sotto gli occhi spesso lascia passare inosservate le loro qualità uniche.
Da quanto tempo non fate caso all'abat-jour che avete sul comodino?
Innanzitutto perchè si chiama così? Significa "abbatti-luce"in francese. Wow, che ossimoro da sogno. Un attrezzo che fa luce e contemporaneamente la attenua. Un vero nome da camera da letto, evocatore dei contrasti di luce e di corpi.
8m di tessuto, 20 giorni di lavoro
Viene acceso ogni sera, ma rimane un semplice soprammobile utile per leggere due pagine prima di addormentarsi con la bolla al naso. Proprio quel genere di considerazione che ha aperto la strada ai prodotti di qualità infima: non faccio caso a ciò che mi circonda, basta che costi poco. Cosa succede come conseguenza? I negozi si adeguano alla nostra domanda di basso livello e offrono i tanto vituperati prodotti cinesi. Ma siamo noi che sotto sotto li cerchiamo, il mercato lo facciamo noi.
A Udine in Via Stringher 27 c'è un atelier di abat-jour che rifiuta questa filosofia: crea con amore paralumi che abbiano un valore per la loro fattura. Oggetti da godere, non da usare senza amore.
Il fusto è di legno lavorato a mano.
Le stecche che sostengono la stoffa sono di ottone e mai di plastica.
La stoffa è il vero capolavoro: per una "cupola" di un diametro tutto sommato contenuto (circa 40cm) occorrono almeno 4 metri di tessuto e 4 giorni di lavorazione. Occorre piegare, plissettare e increspare.
Un fantastico esemplare in vetrina di 35cm di diametro lavorato a punto ape ha richiesto 8 metri (!) di tessuto e 20gg. di lavorazione.
Poichè si tratta di artigiani veri, sono in grado di eseguire lavori personalizzati su disegni o tessuti presentati dal cliente. 
Con buona pace dei grandi magazzini, i prezzi naturalmente sono un po' più alti ma valgono la pena: l'affusto lavorato mano costa circa 200€, mentre per la cupola si va dai 400€ di un esemplare normale ai 1.200€ di un modello "super" come  quello a punto ape.
Andate a visitarlo, ne vale veramente la pena. Il titolare, Michael Genovese, è un artigiano appassionato che sa ammaliare con i suoi segreti anche i clienti più tecnici.


alessandro.giuriani@gmail.com
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La luna? Un abat-jour sul mondo
(Walter Di Gemma - attore cabarettista)





venerdì 23 marzo 2012

Baita del running n. 8: siamo rondini o pollastri?

Segui la rondine!
1526 runners a Cividale del Friuli per la Marcia delle Rondini non sono bruscolini. Questa volta le colline dell'Estremo Oriente d'Italia non hanno tradito la loro fama: cielo nuvoloso, pioggerellina leggera e rigoglio di natura verde.
Le aspiranti 1526 rondini si dividono in due percorsi: quello da 6km per i gaudenti che corrono nel centro storico del borgo e quello da 23km per i penitenti che si sciroppano 600m di dislivello fino al Santuario di Castelmonte e ritorno. Il percorso medio da 12Km è stato cancellato la sera prima e oramai le alternative sono due: godere o espiare.
Si sceglie l'espiazione, gambe in spalla e via dietro il logo della rondinella bianca che marca il percorso dei 23km. Al 6°km l'inizio della salita, la prima fame, il primo ristoro e la voce saggia del ristoratore: "non stare ad ingolfarti che la salita è lunga!". Orpo. In genere cercano sempre di minimizzare, vuoi vedere che stavolta è brutta davvero.
Ragazzi che mazzata. Se lungo i 5Km iniziali ci scrutavamo l'un l'altro magliette e accessori come adolescenti di sabato pomeriggio, oramai la salita livella tutto e tutti. Una colonna di pollastri che volevano essere rondini si trascina per il sentiero sterrato, denti stretti e cosce dure.
Le rondini si cibano di salame
Non finisce più, ma nel suo genere è bellissima. Si regredisce alla soddisfazione infantile di mettere un piede davanti all'altro. Su fino alla cima, avvolta dalla nebbia fredda come si conviene alla tradizione di Castelmonte.
E' il 12°km, un nonnulla in gare normali, eppure si nota la palpebra barzotta delle grandi fatiche. Gli psicologi del ristoro approntano un cartello invitante in arte naif che riattizza subitanea l'attenzione. Con un the caldo in mano ci si lamenta della salita, ma un runner in vena di ottimismo mi ammonisce prontamente "vedrai la discesa, è ancora peggio!".
Discesa in paradiso
E invece non è vero. Finalmente le gambe girano un po' più velocemente, i chilometri si susseguono più rapidi e la collina non sembra più un drago da domare. Le cosce dure ora bruciano per lo sforzo di controllare il corpo, ma è una corsa folle e allegra.
Fino al 19°Km, utimo ristoro presso la storica sede della Casa del Miele di Gigi Nardini. Il titolare è una celebrità delle Valli del Natisone, sosia sputato di Luciano Pavarotti e pare sia comparso una volta persino nel TG1 delle 20.
Sempre con il solito the caldo, nasce un dibattito acceso tra runner in debito di glucosio: è stata peggio la salita o la discesa? Un po' come chiedere se preferisci le bionde o le more. Si discute senza costrutto e poi ognuno riparte per gli ultimi 4km con la sua opinione di prima.
Sembra ormai fatta, ma i sadici organizzatori ripropongono un paio di salite  perchè siamo nati per soffrire. 
All'arrivo noi pollastri siamo ufficialmente rondini di primavera. Ora voglio un nido con un piatto di pasta.


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Vado così forte in salita per abbreviare la mia agonia.
(Marco Pantani)

lunedì 19 marzo 2012

Il talento e la persona

Chi ama la coerenza?
Un folgorante romanzo francese, Il club degli incorreggibili ottimisti, apre una porta pericolosa e domanda: si può amare l'opera di un artista senza amare l'uomo? Ovvero è più importante l'uomo oppure l'opera che costui produce?
Gli esempi sono tanti e diversi: esiste a volte una coerenza profonda tra autore ed opere, mentre in altre circostanze si nota un'incredibile stacco.
Kafka condusse un'esistenza discreta e anonima, in linea con i suoi personaggi di profilo basso e piccolo borghese. D'altra parte Jules Verne era un ardente antisemita, Caravaggio molto probabilmente un omicida e Grass un militante attivo del partito nazionalsocialista.
Zola si distinse per apertura mentale e onestà di intelletto con il suo famoso "J'Accuse" nel quale prendeva le difese dell'ufficiale ebreo Dreyfus, ingiustamente accusato di tradimento.
I suoi romanzi risuonano ancora di modernità e rivoluzione scientifica.
Personalmente me ne infischio della persona.
Leggo e amo un'opera a prescindere da chi l'ha creata: ciò non significa in alcun modo condividere le convinzioni di chi ha scritto, ma semplicemente riconoscere il suo talento.


alessandro.giuriani@gmail.com
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La coerenza è l'ultimo rifugio delle persone prive di immaginazione.
(Oscar Wilde)

giovedì 15 marzo 2012

Baita del running n. 7: Il brodo primordiale

La partenza è tutto un programma
Quando si dice una gran gente e un gran sole. Sarà il territorio pianeggiante che invita ad una camminata? Sarà che a Gonars (UD) la macchina organizzativa era un vero orologio friulano? (a proposito, in lingua gli orologi locali si dicono "arlois", vengono fabbricati a Prato Carnico e sono fichissimi). Fatto sta che la Cjaminade tra Amis è stata un vero evento.
Sotto tanti aspetti.
1) I PERCORSI: sono quattro, per tutte le gambe e per tutti i polmoni. Vanno dai 6 ai 30km. Come sempre consiglio (e corro) il più lungo: nello sforzo di ingegnarsi a trovare un percorso di 30Km, gli organizzatori si sbizzarriscono e i runner si divertono. In ordine di divertimento ho trovato un rettilineo di quasi 4Km (dal 7° all'11°Km), mille stradine sinuose tra i pioppi, qualche chilometro sulla sabbia battuta vera e propria, un tratto da brivido a bordo autostrada protetto solo da una rete di metallo e qualche centinaio di metri naturisti su un terreno marrone, morbido e sospettosamente organico.
Terra Cielo Rettilineo
2) I CONCORRENTI: ognuno fa quello che gli pare (che meraviglia). C'è chi corre per 6Km,  chi cammina per 20Km. Persino mi è parso di scorgre un cinghiale in un pioppeto isolato, ma mi sono subito tranquillizzato. Era un atleta momentaneamente accovacciato tra i cespugli che aveva la medesima silhouette dell'animale selvatico. Non ho indagato oltre.
3) I RISTORI: non sta scritto da nessuna parte che un runner debba essere anoressico, ma nemmeno che lo si debba rimpinzare come un tacchino di Natale. Scherzo, adoro quando le signore a bordo strada mi coccolano con i loro manicaretti
Siamo runner o puerpere?
I ristori richiamavano un pranzo primaverile di prima comunione. Inizio tranquillo: ai 5 e 10Km consuete fette biscottate, the e integratori. Già ai 15km l'asticella si alza: un allegro gruppo di ragazzi disabili propone panini al salame in fila nel vassoio come soldatini. 
Il colpo di grazia


Ma al 25°Km è il trionfo della Dieta della Bassa: per tutti gli atleti brodo di gallina con formaggio grana, nemmeno avessimo partorito due gemelli ciascuno. Per coloro i quali volessero un ulteriore apporto proteico, ecco un musetto caldo caldo che aiuterà le stanche membra fino al traguardo. Signore siete fantastiche.



alessandro.giuriani@gmail.com




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Un idealista è uno che scoprendo che la rosa ha un profumo migliore di un cavolo, conclude che farà anche un brodo migliore
(Henry Louis Mencken - giornalista)


sabato 10 marzo 2012

I giardini segreti

Venti righe di un giallo toscano di Malvaldi (Il Gioco delle Tre Carte) aprono un paradosso attualissimo.
E' vero che un lavoro ripetitivo e noioso può tirare fuori il meglio di una persona?
L'idea è che in questo caso tu non debba pensare a ciò che fai. Vai in automatico e intanto il cervello lavora.
Qual è il tuo giardino segreto?
Ammesso che tu ne abbia uno, beninteso.
Gi esempi sono illustri.
Einstein lavorava all'ufficio brevetti.
Böll era un controllore, Bulgakov un medico condotto, Pessoa lavorava al catasto. Borges era un bibliotecario e Kavafis un impiegato della società acquedotti.
Con una frase emozionante Malvaldi prova a spiegare questo fenomeno: 
spesso, lasciata libera, un'esistenza che non viene rimescolata continuamente dall'ansia di dover produrre lascia decantare spontaneamente i suoi pensieri, che si depositano piano piano sul fondo e cristallizzano, a volte, in forme di rara bellezza.
A me piace chiamarli Giardini Segreti.
Quanti giardini segreti coltiviamo noi stessi o ci stupiamo di vedere coltivati da persone insospettabili?
In uno studio legale è tuttora appeso un ritratto in colori di tempesta di un paesaggio che sembra islandese. L'avvocato che lavora contro quella parete confessa di averlo creato lui stesso, appassionato di fotografia, unendo 38 scatti del suo borgo presi dalla medesima posizione in tempi diversi. Uno sforzo e un'opera notevole, entrambi più significativi di un'ingiunzione in tribunale.
Fermati pensa crea
Sono tutti rigogliosi i giardini segreti, perchè sono espressione dell'io più vero non costretto dai ruoli lavorativi o sociali.
Un'amica impiegata presso un ospedale oggi crea opere di tombolo di una complessità mostruosa. Quando le vedi rimani stupefatto, sono dei quadri. Lei è timida e afferma che si tratta di una passione che la rilassa. Nonchè del piacere tutto friulano di essere custodi di una tradizione.
Ancora: un venditore di auto crea miniature di antichi soldati della con ricerche minuziose sul loro abbigliamento ricavate da illustrazioni d'epoca. Un'opera di queste è finito persino alla corte di Inghilterra.
Anche questo blog è un giardino segreto. Quali sono i vostri? Mantenendo l'anonimato, se volete, mi piacerebbe conoscerli e pubblicarli.


Scrivetemi a questo indirizzo:
alessandro.giuriani@gmail.com


Dio creò il primo giardino e Caino la prima città.
(Abraham Cowley)

mercoledì 7 marzo 2012

Baita del riutilizzo n. 5: dalle bottiglie nascon fiori





Sul Forum di Donna Moderna appare un post di Arianna dedicato al riciclo creativo delle bottiglie di plastica
Per chi è appassionato di riutilizzo, ecco un'idea per usare i fondi delle bottiglie in modo originale.Michelle Brand ha creato questa tenda a flower-like, elegantissima e fantasiosa. Qui invece potete trovare altri metodi simpatici di riutilizzare le bottiglie creando piccoli oggetti utili per la casa.

Avete mai riciclato in modo creativo degli imballaggi o oggetti di scarto? Ditemi come

alessandro.giuriani@gmail.com
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Ricorda: se le regali dei cioccolatini è a dieta; se le regali dei fiori è allergica.
(Legge di Murphy sull'amore)

venerdì 2 marzo 2012

Baita del running n. 6: 900 corridori e un purcìt!

L'eccentrica fotografia delle alghe 
Domenica di nubi, vento e sole nella Bassa Friulana. Insieme. Così come insieme erano i circa 900 partecipanti alla scoperta del fiume Stella: chi di corsa, chi camminando, chi a due e chi a quattro zampe.
Pe chi concepisce la corsa non solo come un esercizio fisico, ma come una vera disciplina mentale il percorso più adatto è quello da 21Km (gli altri due sono da 7 e 12Km).
Si parte da Teor (UD). I primi 5km si percorrono in gioiosa compagnia., costeggiando il fiume su un sentiero sterrato. Basta un piede in fallo e op-là! sei a mollo come un cavedano. In realtà tutto fila liscio, nessuno deve essere ripescato e c'è chi si diverte a modo suo fotografando le alghe nell'acqua trasparente. Dal 5° al 12° Km vi è la parte storica del percorso: nel borgo di Ariis si attraversa la duecentesca Villa Ottelio Savorgnan. Finalmente il gruppo si sgrana, la corsa prosegue più individuale. Per 3-4Km le scarpine psichedeliche da gara attraversano i vialetti medievali del parco e i suoi ponticelli di legno tra i salici ancora marroni. Si percepisce lo spirito di un certo Friuli: solitario, selvatico senza concessoni al superfluo.
Il purcìt!
La sensazione di privilegiata solitudine è ampliata dalla pianura, dai filari infiniti di pioppi e dal cielo sterminato. Un incanto, sul serio.
Nessun segno di vita fino al ristoro dell'11°Km, quando un anziano esce dalla sua corte portando a spasso un maialino tutto nero, un purcìt come si chiama da queste parti.
Un bellicoso gruppo di runner vorrebbe deviare dalla retta via, fare la festa al povero suino e ricavarne salsicce. La lingua friulana possiede anche un verbo per questa sanguinaria operazione: purcitàr
Prevale comunque la fazione vegana: il 
maialetto peloso e nero viene lasciato stare, anche perchè assomiglia più a un cane che a un futuro cotechino.
Si continua a viaggiare sullo sterrato tra argini e vigneti fino al 17°km, quando ci si riunisce con gli altri due percorsi in corripondenza dell'ultima sosta: crostatine idrogenate anche qui, ma dove ne avranno prese così tante? Nessuno però va tanto per il sottile, l'importante è avere l'ultima scorta di carburante per i restanti 4km. 
Beata solitudine
Si arriva alla fine e invece di inutili medaglie, il riconoscimento è un vaso di ciclamini variopinti, screziati di rosa e bianco.
Peccato non si possano mangiare al posto delle insane tortine dei ristori.


alessandro.giuriani@citroen.com
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I cani ci guardano dal basso. I gatti ci guardano dall'alto. I maiali ci trattano da loro pari.
(Winston Churchill)