Domanda da un milione di euro: preferisci l'atto di entrare in un supermercato oppure quello di uscirne?
In altre parole: ti senti meglio quando entri in un ambiente nuovo, carico di aspettative e mezzi per appagarle oppure sei soddisfatto quando hai acquistato, pagato e impacchettato?
Non bariamo, tanto si vede lontano un miglio cosa amiamo davvero.
Ma è chiaro! Desideriamo l'entrata verso l'ignoto, la scelta, l'idea di riuscire a possedere tutto!
Battito accelerato, occhi socchiusi come una pantera in caccia, contorsioni da ballerina moscovita per arrivare alle fette biscottate in sconto: tutto questo è il prima.
E il dopo? Cassa, Pin del Bancomat, sacchetto pesante e che noia adesso mi tocca sistemare tutto.
Domanda da due milioni di euro: qual è l'oggetto che abbiamo sicuramente fissato in tutto il nostro mesto pellegrinaggio, dall'entrata in pompa magna fino all'uscita ingloriosa?
Ogni cliente, sia esso mamma bio o single tramezzivoro, incappa in questo oggetto.
Anche il penitente più integralista, quello curvo sotto 18 litri di acque minerali, ha dovuto posarci il suo sguardo sofferente.
Nessuno ci fa caso, ma è lì: il nero rullo della cassa sul quale appoggiamo gli acquisti e che scorre inesorabile verso lo scanner a infrarossi del prezzo.
Non è incredibile? E' sicuramente l'oggetto più visto di tutto il supermercato e nessuno se ne cura.
E invece, caro Direttore Depresso da Crisi, che fantastica occasione! Puoi trasformare lo spleen decadente del dopo-acquisto in un momento di rinascita, di motivazione, di comunicazione per il tuo cliente.
Usa il nastro che arriva alle casse per pubblicare qualcosa che caratterizzi l'uscita dal tuo punto vendita. Che resti in mente al cliente, che ti distingua dagli altri.
Avvertimento preliminare: non farti prendere dalla foga di pubblicizzare i prodotti che vendi sugli scaffali. Una volta che il tuo compratore è alle casse l'acquisto oramai è completato e non c'è ragione di mettere confusione e comunicare messaggi diversi.
Servono idee diverse? Eccone alcune! E lancio un appello: lettori di Baite nell'Oceano, aiutate anche voi il Direttore Depresso da Crisi con i vostri progetti.
1) il tuo nastro casse comunica su momenti dopo-acquisto: per esempio tappezzalo con adesivi degli spettacoli del Multisala nel tuo Centro Commerciale. Oppure della Mostra d'arte attualmente in città, o anche semplicemente con l'informazione che il concessionario di auto lì vicino domenica è aperto con offerte speciali.
2) il tuo nastro casse serve per un gioco-promozione: mettici un lettore di codice a barre e comunica all'ingresso del negozio la promo: oggi tutti gli articoli che il lettore visualizzerà in rosso costeranno solo un centesimo.
3) il tuo nastro casse propaga informazioni etiche: ad esempio può invitare il consumatore a non sprecare ciò che si è appena acquistato lasciandolo scadere, oppure a devolvere parte della spesa alla Colletta Alimentare o anche ad alimentarsi in modo equilibrato.
4) il tuo nastro casse aiuta la cassiera: per ipotesi può chiedere di preparare in anticipo la modalità di pagamento (bancomat o contanti), oppure disporre i pack di acque minerali in un certo modo, o semplicemente sorriderle perchè il suo è un lavoro davvero duro.
Sono l'inventore del Forfor-Shamping-Camaleontic-Color. Si tratta di uno shampoo che fa venire la forfora del colore uguale alla giacca che indossi.
Mago Forrest
alessandro.giuriani@gmail.com
Ti è piaciuto? Dillo a un amico!
Le idee nuove sono baite di legno. Piccole case accoglienti che galleggiano pericolosamente nell'oceano della nostra vita. Salviamole.
martedì 29 novembre 2011
lunedì 28 novembre 2011
Le nuove tombi-nations: Montenapoleone e Giappone
Osservatori di tombini manifestatevi!
Basta andatura ingobbita e sguardo fisso per terra, è il momento di alzare la testa.
Fuori dalle tane, banzai! Pubblicate fieri le vostre scoperte.
La dolce Mariagrazia tradisce incursioni modaiole in centro a Milano. Ma, vera eroina anti-borghese, anzichè sciogliersi di fronte a un tailleur, si è commossa di fronte ai tombini a bordo marciapiede.
Ecco il suo reportage:
Mi piace molto il panegirico dei tombini: sono utili e discreti. Valorizzandoli si potrebbe rendere piu allegra la citta' e farci stare piu' attenti alle strutture considerate di serie B. Comunque in Montenapoleone ci sono già dei tombini chiusi decorati e a colori firmati. Quando li ho visti mi sono piaciuti tantissimo.
Volete una foto? Eccola!
Achab (cioè il sottoscritto) si è sciroppato interi siti di ideogrammi nipponici, ma ne è valsa la pena. Scoperta sensazionale: i giapponesi fanno del tombino una vera e propria forma d'arte.
Ve ne mostro alcuni.
E vi rivolgo una domanda che mi nasce spontanea: secondo voi i disciplinatissimi figli del Sol Levante ci passano sopra con le scarpe impolverate o li saltano come ranocchie?
L'arte del decorare consiste nel fare nelle case altrui quello che non si sognerebbe mai di fare nella propria.
Le Courbusier
alessandro.giuriani@gmail.com
Ti è piaciuto? Dillo a un amico!
Basta andatura ingobbita e sguardo fisso per terra, è il momento di alzare la testa.
Fuori dalle tane, banzai! Pubblicate fieri le vostre scoperte.
La dolce Mariagrazia tradisce incursioni modaiole in centro a Milano. Ma, vera eroina anti-borghese, anzichè sciogliersi di fronte a un tailleur, si è commossa di fronte ai tombini a bordo marciapiede.
Ecco il suo reportage:
Mi piace molto il panegirico dei tombini: sono utili e discreti. Valorizzandoli si potrebbe rendere piu allegra la citta' e farci stare piu' attenti alle strutture considerate di serie B. Comunque in Montenapoleone ci sono già dei tombini chiusi decorati e a colori firmati. Quando li ho visti mi sono piaciuti tantissimo.
Volete una foto? Eccola!
Achab (cioè il sottoscritto) si è sciroppato interi siti di ideogrammi nipponici, ma ne è valsa la pena. Scoperta sensazionale: i giapponesi fanno del tombino una vera e propria forma d'arte.
Ve ne mostro alcuni.
E vi rivolgo una domanda che mi nasce spontanea: secondo voi i disciplinatissimi figli del Sol Levante ci passano sopra con le scarpe impolverate o li saltano come ranocchie?
L'arte del decorare consiste nel fare nelle case altrui quello che non si sognerebbe mai di fare nella propria.
Le Courbusier
alessandro.giuriani@gmail.com
Ti è piaciuto? Dillo a un amico!
domenica 27 novembre 2011
Baita Fai da Te n°1: Il Ricevitore al limone
Il profetico Sem Paton, prezioso commentatore di Baite nell'Oceano, è noto per essere pronto in caso di ogni catastrofe.
Che sia nucleare, naturale o extraterrestre, nessuna calamità lo troverà mai impreparato.
Nei giorni scorsi ha immaginato lo scenario della sua regione improvvisamente isolata e annientata.
Si è visto nei panni dell'ultimo sopravvisssuto che deve captare messaggi costruendo un apparecchio ricevente con gli ultimi residui rimasti.
Ha teorizzato, progettato e sperimentato. Ha definito ogni dettaglio di costruzione e infine ha mandato al Blog il prodotto assemblato.
Con immenso piacere postiamo la Baita Fai da Te n°1: il Ricevitore al Limone.
Vi lascio a Sem Paton, l'ultimo sopravvissuto alla disperata ricerca di messaggi radio da altri esseri viventi.
Chiameremo "Ricevitore al Limone" questo ricevitore primordiale che sfrutta le proprietà elettromagnetiche dell'agrume.
Oltre al limone, disponete soltanto dei seguenti oggetti trovati per caso vicino alla raccolta dei rifiuti o nella soffitta o cantina del luogo ove siete:
1) una vecchia cuffia o una cuffia del vostro PC.;
Oltre al limone, disponete soltanto dei seguenti oggetti trovati per caso vicino alla raccolta dei rifiuti o nella soffitta o cantina del luogo ove siete:
1) una vecchia cuffia o una cuffia del vostro PC.;
2) una matassa di filo
elettrico di rame (Non ha importanza la sezione) magari anche isolato, lunga
pressappoco una ventina di metri e lasciata come scarto da elettricisti.
Vanno bene anche spezzoni di filo elettrico isolato uniti fra loro sino a raggiungere sempre una ventina di metri.
3) un supporto di cartone cilindrico, di quelli che si usano per contenere la carta igienica;
4) filo di rame smaltato proveniente da un vecchio campanello elettrico, da un relè rotto oppure da un motorino o trasformatore di alimentazione di un giocattolo rotto;
5) Uno spezzone di filo elettrico per andarsi a collegare alla Massa (Terra) del vostro balcone o al tubo zingato dell'acquedotto (mai del gas).
Alla fine, seguendo le poche istruzioni che seguiranno, otterrete il seguente strano apparecchio ricevente:
Vanno bene anche spezzoni di filo elettrico isolato uniti fra loro sino a raggiungere sempre una ventina di metri.
3) un supporto di cartone cilindrico, di quelli che si usano per contenere la carta igienica;
4) filo di rame smaltato proveniente da un vecchio campanello elettrico, da un relè rotto oppure da un motorino o trasformatore di alimentazione di un giocattolo rotto;
5) Uno spezzone di filo elettrico per andarsi a collegare alla Massa (Terra) del vostro balcone o al tubo zingato dell'acquedotto (mai del gas).
Alla fine, seguendo le poche istruzioni che seguiranno, otterrete il seguente strano apparecchio ricevente:
Oggetti del sopravvissuto Sem Paton Il supporto di cartone contiene circa 90 spire di filo smaltato; |
I
coccodrilli gialli vanno collegati all'antenna esterna (Cavo nero) e al capo
inferiore della bobina;
Il
capo superiore della bobina va collegato alla prima forchetta conficcata in un
limone;
Alla stessa forchetta va collegato anche uno dei due coccodrilli verdi.
L'altro coccodrillo verde va collegato al capo centrale della cuffia.
Il cavo
rosso ha due coccodrilli: uno va collegato ad altra forchetta conficcata nello
stesso limone e l'altro al capo esterno della cuffia.
In questo caso la cuffia
è del tipo Mono. Se la cuffia fosse del tipo Stereo, dovrete unire o circuitare
fra loro i due capi centrali.
Capterete qualche segnale radio in onde medie e
voci che si accavallano.
E' un primordiale
ricevitore radio tutto particolare ed ESCLUSIVO.
Mio commento: certo bisogna essere un po' pratici per riuscire a seguire tutta la procedura, però sai che soddisfazione?
Non vedo l'ora di essere l'ultimo sopravvissuto in una landa spazzata da bufere nucleari.
Ce l'ho fatta dopo mille tentativi! Ho messo insieme il mio ricevitore ad onde medie usando un limone e un rotolo di carta igienica radioattivo.
Eureka!
Finalmente salvo! Capto un segnale flebile, bip bip bip.
No, non può essere, è Radio Maria!
Amo molto parlare di niente. E' l'unico argomento di cui so tutto.
Oscar Wilde
alessandro.giuriani@gmail.com
Ti è piaciuto? Dillo a un amico!
venerdì 25 novembre 2011
2° Capitolo Guida del Brutturista: Venezia
Cari brutturisti, prendete l'evidenziatore giallo fluorescente.
Oggi tappone da alta classifica: Venezia!
Un caposaldo essenziale nella formazione di noi turisti del brutto, importante come l'esame di anatomia per un medico o la ricetta della salsa bernese per uno chef.
Primo ingrediente: l'equipaggiamento. Scordatevi maschere da Casanova, scarpine con la fibbia e vestiti svolazzanti, è finito il '700! Procuratevi invece calzature a suola rinforzata e gilet fosforescenti da autostrada: vi serviranno per potere ammirare senza pericolo le cacofonie visive di questa meta affascinante.
Secondo ingrediente: il vostro stato mentale. Sbagliato l'approccio alla città aspettandosi violoncelli e flauti traversi che suonano un minuetto. Corretto avvicinarsi con capelli rasta e disincanto alla Sir Oliver Skardy.
In termini musicali, vietato cliccare qui: Violoncelli e flauti traversi, orrore!
Consigliatissimo approcciarsi così: Rasta
Terzo ingrediente: l'avvicinamento in loco. Non commettete l'errore dei Giapponesi o degli Americani, che ancora un po' atterrano con il Boeing 777 in laguna: vogliono vedere solo palazzi perfetti.
Non siate diabetici, non nutritevi soltanto di panorami zuccherosi.
E poi vi ritroverete come le star, a bere dell'acqua naturale con i piedi fumanti al bar.
Il brutturista sa che lo zucchero va lasciato come dolce in fondo al pasto, non può sostituire il pasto stesso.
Il vostro dolcino finale sarà Piazza San Marco, ma le calorie vere prendetevele dalla sostanziosa zona chimico-industriale di Marghera. Muscoli e fabbriche.
Mi raccomando, non dimenticate i primi due ingredienti: scarpe grosse, gilet fluorescente per non farsi investire dai Tir e musica dei Pitura Freska.
Quarto ingrediente: le analogie. Accorgetevi dei riccioli formati dalle tubature e vedeteci una finestra bifora del Canal Grande.
Ammirate l'accostamento di colori in un mucchio di container e osate confrontarlo con un quadro di Mondrian del Guggenheim a Palazzo Venier.
Io voto i container nella nebbia tutta la vita. Voi?
Temere l'ironia è temere la ragione
Sacha Guitry
alessandro.giuriani@gmail.com
Ti è piaciuto? Dillo a un amico!
Oggi tappone da alta classifica: Venezia!
Un caposaldo essenziale nella formazione di noi turisti del brutto, importante come l'esame di anatomia per un medico o la ricetta della salsa bernese per uno chef.
Primo ingrediente: l'equipaggiamento. Scordatevi maschere da Casanova, scarpine con la fibbia e vestiti svolazzanti, è finito il '700! Procuratevi invece calzature a suola rinforzata e gilet fosforescenti da autostrada: vi serviranno per potere ammirare senza pericolo le cacofonie visive di questa meta affascinante.
Secondo ingrediente: il vostro stato mentale. Sbagliato l'approccio alla città aspettandosi violoncelli e flauti traversi che suonano un minuetto. Corretto avvicinarsi con capelli rasta e disincanto alla Sir Oliver Skardy.
In termini musicali, vietato cliccare qui: Violoncelli e flauti traversi, orrore!
Consigliatissimo approcciarsi così: Rasta
Terzo ingrediente: l'avvicinamento in loco. Non commettete l'errore dei Giapponesi o degli Americani, che ancora un po' atterrano con il Boeing 777 in laguna: vogliono vedere solo palazzi perfetti.
Non siate diabetici, non nutritevi soltanto di panorami zuccherosi.
E poi vi ritroverete come le star, a bere dell'acqua naturale con i piedi fumanti al bar.
Il brutturista sa che lo zucchero va lasciato come dolce in fondo al pasto, non può sostituire il pasto stesso.
Il vostro dolcino finale sarà Piazza San Marco, ma le calorie vere prendetevele dalla sostanziosa zona chimico-industriale di Marghera. Muscoli e fabbriche.
Mi raccomando, non dimenticate i primi due ingredienti: scarpe grosse, gilet fluorescente per non farsi investire dai Tir e musica dei Pitura Freska.
Quarto ingrediente: le analogie. Accorgetevi dei riccioli formati dalle tubature e vedeteci una finestra bifora del Canal Grande.
Ammirate l'accostamento di colori in un mucchio di container e osate confrontarlo con un quadro di Mondrian del Guggenheim a Palazzo Venier.
Io voto i container nella nebbia tutta la vita. Voi?
Temere l'ironia è temere la ragione
Sacha Guitry
alessandro.giuriani@gmail.com
Ti è piaciuto? Dillo a un amico!
giovedì 24 novembre 2011
(i vostri commenti) Mosca numero 2
I vosti commenti sono la parte migliore dei post, amo riceverli e far conoscere le vostre Baite.
Grazie di mandarmene, sono preziosi.
A proposito della Mosca 2 (Campagna pubblicitaria del Comune di Milano) pubblicato il 15 novembre, Lettrice Anonima scrive:
ciao, parli di NEBBIA MENEGHINA...ma ti piace? ho avuto modo, in 6 anni a MILANO di provarla, ma non ne ho nostalgia , anche se il Parco Lambro ovattato era un po' romantico;
anche se ne IL PICCOLO PRINCIPE la volpe dice che "l'essenziale è invisibile agli occhi" preferisco un cielo chiaro. Qui nella nebbia padana di questo tempo mi sembra quasi di soffocare...
Cara Lettrice Anonima, hai scritto benissimo, ho una venerazione per la nebbia!
Motivi:
1) attutisce i contorni e rende gli oggetti senza confini, proprio come dovrebbero essere;
2) ci impone di rallentare;
3) impedendoci di osservare ciò che è esterno a noi, ci rende consapevoli del nostro io.
Infine, complimenti per il coraggio che avevi a passeggiare per il Parco Lambro con la nebbia!
I vigili urbani ci entrano armati come Guerrieri dell'Apocalisse.
La Dolce Mariagrazia ha un approccio analitico-scientifico e la sua Baita prende in esame diverse variabili prima di dare la risultante:
Molto bello il grattacielo che sale nella nebbia: dà l'idea di tecnologia e modernità, ma un poco mi pare che la nebbia limiti la percezione della sua altezza.
E' vero, siamo a Milano, ma se Pisapia voleva mandare un messaggio ai milanesi potrebbe andare visto che per noi la nebbia e' di casa.
Invece per il resto del mondo forse avrebbe potuto trovare una immagine con lo stesso grattacielo, ma in un cielo con qualche nuvola oppure con tante bandiere che sventolano felici.
Grazie ancora dei commenti: niente è più stimolante che ascoltare diversi punti di vista.
Infine vi do un'anticipazione golosa: il roccioso Sem Paton (habituè graditissimo del Blog) prossimamente apparirà con una Baita Fai da Te garantita al 100%.
alessandro.giuriani@gmail.com
Ti è piaciuto? Dillo a un amico!
Grazie di mandarmene, sono preziosi.
A proposito della Mosca 2 (Campagna pubblicitaria del Comune di Milano) pubblicato il 15 novembre, Lettrice Anonima scrive:
ciao, parli di NEBBIA MENEGHINA...ma ti piace? ho avuto modo, in 6 anni a MILANO di provarla, ma non ne ho nostalgia , anche se il Parco Lambro ovattato era un po' romantico;
anche se ne IL PICCOLO PRINCIPE la volpe dice che "l'essenziale è invisibile agli occhi" preferisco un cielo chiaro. Qui nella nebbia padana di questo tempo mi sembra quasi di soffocare...
Cara Lettrice Anonima, hai scritto benissimo, ho una venerazione per la nebbia!
Motivi:
1) attutisce i contorni e rende gli oggetti senza confini, proprio come dovrebbero essere;
2) ci impone di rallentare;
3) impedendoci di osservare ciò che è esterno a noi, ci rende consapevoli del nostro io.
Infine, complimenti per il coraggio che avevi a passeggiare per il Parco Lambro con la nebbia!
I vigili urbani ci entrano armati come Guerrieri dell'Apocalisse.
La Dolce Mariagrazia ha un approccio analitico-scientifico e la sua Baita prende in esame diverse variabili prima di dare la risultante:
Molto bello il grattacielo che sale nella nebbia: dà l'idea di tecnologia e modernità, ma un poco mi pare che la nebbia limiti la percezione della sua altezza.
E' vero, siamo a Milano, ma se Pisapia voleva mandare un messaggio ai milanesi potrebbe andare visto che per noi la nebbia e' di casa.
Invece per il resto del mondo forse avrebbe potuto trovare una immagine con lo stesso grattacielo, ma in un cielo con qualche nuvola oppure con tante bandiere che sventolano felici.
Grazie ancora dei commenti: niente è più stimolante che ascoltare diversi punti di vista.
Infine vi do un'anticipazione golosa: il roccioso Sem Paton (habituè graditissimo del Blog) prossimamente apparirà con una Baita Fai da Te garantita al 100%.
alessandro.giuriani@gmail.com
Amo è la parola più pericolosa per il pesce e per l'uomo
Groucho MarxTi è piaciuto? Dillo a un amico!
martedì 22 novembre 2011
Tombi-Nation
Conosciamo qualcuno che non ama l'igiene personale? Gli diciamo che è sudicio come un tombino!
Qualcuno che gorgheggia sì come Giorgia, ma Giorgia la mia parrucchiera? Lo canzoniamo: sei stonato come un tombino!
Un altro crede che Socrate sia un gatto? Ha ha ha, ignorante come un tombino.
Ancora. La tua bilancia ti indica un tonnellaggio da incrociatore? Sei pesante come un tombino.
Tapino il tombino, si ritrova ad essere il benchmark per impropèri e prese in giro.
E non solo!
Tra i tanti oggetti che in una giornata ricorrono senza che ce ne accorgiamo, i tombini sono tra i più frequenti.
Il loro è un triste karma: siamo consapevoli della loro esistenza silenziosa solo quando ci fanno smoccolare contro la nostra amministrazione comunale.
Il sindaco non li ha ripuliti dalle foglie e adesso la strada è allagata.
La nettezza urbana non li cura e in mezzo ci crescono le erbacce.
L'assessore non interviene e la vecchietta ci inciampa.
Tombino viscido? Governo ladro!
Brutti, sporchi e pesanti: chi ha meno charme di un tombino affondato nell'asfalto?
E invece no, c'è un fascino in queste cupe aperture.
Sono fantastici passaggi segreti, ognuno con misteri diversi. Botole sopra le viscere delle città.
Si aprono su tubi del gas arrugginiti, fibre ottiche di gigabyte, fogne fetide e condotte di acqua chimicamente testata.
Il tombino è quella porticina che mette in comunicazione il corpo etereo delle nostre città con quello fisico. Unisce ciò che si percepisce con ciò che lo fa funzionare.
E se creassimo la Via dei Tombini? In fondo le nostre città hanno tanti elementi in comune.
Dove c'è una statua equestre, lì è piazza Vittorio Emanuele. Dove c'è un condottiero barbuto, lì è corso Garibaldi. Via Roma è quella delle solite catene di negozi, via Karl Marx quella dei palazzoni a parallelepipedo.
La via dei tombini sarebbe una visionaria sequenza di finestre aperte sul nostro sottosuolo.
Plexiglass trasparente i tombini dell'acqua.
Azzurro tenue con disegni di fiammelle quelli del gas metano.
I tombini di fibra ottica decorati con con circuiti verdi e sfondo nero ardesia.
Verde primavera con margheritine i tombini delle fogne (dal letame nascon fiori, lo cantava anche De Andrè).
Volendo potrebbero anche essere sponsorizzati: indicare per esempio il percorso da una fermata della metropolitana fino ad un locale, oppure a una mostra d'arte.
Oppure il comune potrebbe usarli per segnalare percorsi di interesse turistico in città.
O addirittura, con un sussulto democratico, farli colorare dai più quotati writers cittadini.
E così, quando incontreremo la nostra bella collega al mattino, le potremo sussurrare: "hai uno sguardo luminoso come un tombino del gas". Saremo irresistibili.
Achab
alessandro.giuriani@gmail.com
"Questi sono i miei princìpi e se non ti piacciono...beh ne ho altri"
Groucho Marx
Ti è piaciuto? Dillo a un amico
lunedì 21 novembre 2011
I vostri commenti: frasi rinate sì o frasi rinate no?
Commenti contrastanti al post "L'apparecchio delle frasi rinate".
Voto sì:
"Baite nell'oceano " è stimolante e mi richiama un po' " Una barca nel bosco " di P.Mastrocola, che di certo conosci.
Cara lettrice riconosco la mia ignoranza pelosa, non conosco Una Barca nel Bosco e - ahimè - nemmeno il suo autore. Ora inizio a cercarli!
Voto no:
Sem Paton, più oppositore di un Black Block e più duro di un negoziatore israeliano, racconta:
Grazie a Sem Paton, alla lettrice riservata e a tutti i vostri commenti.
Sono graditissimi anche e soprattutto quando sono critici.
Achab
alessandro.giuriani@gmail.com
Ti è piaciuto? Dillo a un amico!
Voto sì:
Una lettrice della quale conosco l'amore per la riservatezza e che quindi non citerò, scrive:
Ho letto il testo su " conservare le voci", non tutto è da
conservare, è chiaro, ma io ho la voce della mia dolce mamma perché ho
registrato e su questo ti do ragione: riascoltarla fa piangere, ma fa bene. "Baite nell'oceano " è stimolante e mi richiama un po' " Una barca nel bosco " di P.Mastrocola, che di certo conosci.
Cara lettrice riconosco la mia ignoranza pelosa, non conosco Una Barca nel Bosco e - ahimè - nemmeno il suo autore. Ora inizio a cercarli!
Voto no:
Sem Paton, più oppositore di un Black Block e più duro di un negoziatore israeliano, racconta:
In estate invitato da amici,ho partecipato ad un pranzo
,volendo tutti un ricordo dell’evento mi hanno chiesto di videoregistrare e
fare foto dei momenti salienti della festa;cosa che ho fatto volentieri visto
che si trattava di un incontro storico tra ottantenni che non si vedevano da
oltre un ventennio.
Mi
permetto di argomentare che l'apparecchio delle frasi rinate escludeva
esplicitamente le videoregistrazioni (si era parlato di avidità mediatica), in quanto inibitrici di relazioni
spontanee, proprio come la TV. In proposito si era detto di usare solo un
semplice registratore, del quale presto ogni invitato si sarebbe dimenticato.
Durante il pranzo ,io riprendevo, fotografavo ,chi
<scavava>nei lontani ricordi degli anni passati.Durante una pausa tutti
si sono spaventati di quanto registravo ,troppi particolari uscivano dai ricordi
e seppure a distanza d’anni potevano danneggiare cose e persone.L’ambiente non
era piu’ spontaneo,tutti non si sentivano piu’ liberi di viaggiare nel tempo
dei ricordi.
Niente registrazioni,solo foto ,immagini di volti felici
,anche se segnati dall’età ,che rivedendole ci hanno fatto dire---LA VITA E’
BELLA!Grazie a Sem Paton, alla lettrice riservata e a tutti i vostri commenti.
Sono graditissimi anche e soprattutto quando sono critici.
Achab
alessandro.giuriani@gmail.com
Ti è piaciuto? Dillo a un amico!
domenica 20 novembre 2011
Mosca numero 2: Campagna pubblicitaria Comune di Milano
Giustamente tanti di voi avete stroncato la mia prima mosca. Ne prendo atto, avete ragione e cercherò di migliorare.
Con il termine "Mosche" intendo una pillola, un corto, un post molto breve.
L'idea è quella di inventare una campagna pubblicitaria per un prodotto, descrivendola come una scenografìa di un film.
Oggi immagino il sindaco di Milano Pisapia che, mentre mangia busecca con patate, si domanda come comunicare la proliferazione di cantieri in città.
Problema: ci sono a Milano interi quartieri in trasformazione con nuovi grattacieli in vista dell'Expo e della città della moda.
Azione: comunicare che la città sta evolvendo la sua architettura verso un futuro internazionale.
Immagine scelta: grattacielo che sale con i ponteggi nella nebbia meneghina
Con il termine "Mosche" intendo una pillola, un corto, un post molto breve.
L'idea è quella di inventare una campagna pubblicitaria per un prodotto, descrivendola come una scenografìa di un film.
Oggi immagino il sindaco di Milano Pisapia che, mentre mangia busecca con patate, si domanda come comunicare la proliferazione di cantieri in città.
Problema: ci sono a Milano interi quartieri in trasformazione con nuovi grattacieli in vista dell'Expo e della città della moda.
Azione: comunicare che la città sta evolvendo la sua architettura verso un futuro internazionale.
Immagine scelta: grattacielo che sale con i ponteggi nella nebbia meneghina
Slogan: STAIRWAY TO HEAVEN
(Cliccate qui per conoscere la mitica Stairway to heaven dei Led Zeppelin)
(Cliccate qui per conoscere la mitica Stairway to heaven dei Led Zeppelin)
venerdì 18 novembre 2011
L'apparecchio delle frasi rinate
Cosa ci stava raccontando nostro cognato mentre masticava a bocca aperta il brasato?
E cosa rivelò la nostra amica seduta di fianco dopo tre bicchieri di prosecco?
Di quale cartone animato si lagnava il nipotino molesto senza che nessuno lo ascoltasse?
Cosa ci disse quella volta al ristorante la nostra ragazza mentre ci mollava?
Niente.
Buio pesto.
Ci hanno forse asportato qualche parte della nostra memoria?
Per quanto ci sforziamo abbiamo sempre il flash di qualche espressione, ma del dettaglio delle parole neanche l'ombra.
Organizziamo cene che sazierebbero una scuola di sumo.
Attoniti, ammiriamo la resistenza di suocere campionesse europee di endurance ai fornelli.
Arriviamo fino a modificare la disposizione dei nostri mobili di casa per facilitare la seduta di tanti amici insieme a cena.
E poi? Avanzi di gorgonzola decomposto, bicchieri con rossetto da lavare, briciole ovunque.
(Se, come me, siete pessimi cuochi un consiglio per scoprire i residui del dopo-cena: qualora possediate un vaso di ceramica, accarezzate con la mano l'interno fino in fondo. Una volta ci trovai un tramezzino immangiabile pietosamente sepolto).
E tutte le parole pronunciate in quella occasione? Perse per sempre, senza neanche la consolazione del residuo odorino muffoso di gorgonzola.
Scontiamo la nostra estrema difficoltà di vivere il momento.
Prepariamo i minimi particolari di un incontro che verrà e ci dimentichiamo i particolari dell'incontro stesso.
Catastrofe, tragedia immane, calamità.
Però forse una baita che galleggia nell'oceano c'è.
L'apparecchio delle frasi rinate.
Una volta sarebbe stato un mini-registratore, oggi è un mp3 recorder.
Ma chissenefrega dello strumento, volete mettere il suo spirito?
Sì, avete capito bene, lo spirito. Avere mille vite. Ripercorrere ogni volta che lo si desidera l'intero coro delle conversazioni di quell'evento.
Che resta una combinazione unica e irripetibile di relazioni tra persone uniche.
Al mondo non ce ne saranno mai di uguali, signori, è più preziosa di un diamante. Conserviamola con cura.
Volete i noiosi e banali dettagli operativi?
Eccoli! L'apparecchio delle frasi rinate va usato con onestà. Acceso in un posto discreto ad inizio serata dopo avere avvisato tutti della sua esistenza.
Dopo pochi minuti tutti se ne dimenticheranno e le frasi fluiranno spontanee come sempre.
Attenzione alla trappola dell'avidità mediatica: l'apparecchio delle frasi rinate non potrà mai e in nessun caso produrre video, ma solo suoni, voci, parole.
Le immagini uccidono il potere evocativo delle intonazioni e dei termini.
Un po' come confrontare la mitica radio con la soffocante TV.
Pensate che regalo meraviglioso da lasciare a chi ci ha fatto compagnia.
Basta con vini puzzolenti barriccati, gattini di porcellana e statuette di marzapane.
Pensate che meraviglia un podcast per riascoltare quell'unica combinazione di frasi di quell'unico evento a cui avete partecipato.
Ah, dimenticavo un'opzione! Avete anche la possibilità di cancellare dei brani, naturalmente. Così non dovrete mai risentire il suono zoologico delle mandibole spalancate di vostro cognato che triturano brandelli di brasato.
giovedì 17 novembre 2011
1° Capitolo Guida del Brutturista: Venaria Reale, Torino
Pensate che il paradiso sia sempre altrove? Bora Bora? Maldive? New York? Parigi?
Signori, Torino è l'Eden. Proprio lì: dopo Santhià, Chivasso e Brandizzo.
Niente mare turchese, nessun grattacielo di cristallo, assente Notre Dame e fortunatamente anche il Louvre.
Ma se amate scoprire un fiore dove il mondo vede grigio, Torino è il massimo.
L'approccio brutturista funziona, la città sembra nata per insegnare il brutturismo.
Un esempio su tutti: la reggia estiva dei Savoia, Venaria Reale.
Alzi la mano chi immagina sia una specie di Versailles, Schonbrunn o Holyrood.
L'avete alzata? Ok, sappiatelo: siete vittime del marketing.
Vi immaginate arredi rococò, colonne dorate, affreschi con ninfe procaci?
Nisba, Niet, Nix.
Venaria Reale nasce dal nulla, da ruderi diroccati e ristrutturati, ha pochi affreschi, zero arredi e costa persino 12€ da visitare.
Per trovare qualcosa di bello, occorre prima riempirsi di brutto.
Il brutturista inizia con questo succulento antipasto: eccolo!
Macerie in bella vista, residui di lavori di rammendo poco invisibile eseguiti sulla costruzione.
Si possono notare sacchetti pieni di immondizia, erbacce, cassonetti e un orribile recinto metallico per valorizzare ancora meglio l'insieme dei rifiuti solidi.
Sullo sfondo si intravede il primo piano del palazzo sabaudo.
A questo punto ringraziamo di essere brutturisti, di amare i rifiuti più d un trionfo di colori del Tiepolo.
Ci riempiamo gli occhi di questa immagine e sappiamo che il resto della visita ci riserverà fantastiche sorprese al confronto.
Non confronteremo l'austera e taccagna architettura dei Savoia con la grandeur della Versailles del Re Sole.
Paragoneremo il palazzo con il recinto di spazzatura e il cuore ci si allargherà.
Che meraviglia! Fotograferemo questo esempio di a-simmetria bicolore con zampillo
e ci sentiremo degni discendenti di nobili piemontesi un po' blasè.
Dopotutto basta poco per sentirci felici, basta pensare che la bellezza non è altro che la momentanea cessazione di una sublime bruttezza.
Evviva il brutturismo! Se fossi Monti lo metterei addirittura nel programma di governo.
Signori, Torino è l'Eden. Proprio lì: dopo Santhià, Chivasso e Brandizzo.
Niente mare turchese, nessun grattacielo di cristallo, assente Notre Dame e fortunatamente anche il Louvre.
Ma se amate scoprire un fiore dove il mondo vede grigio, Torino è il massimo.
L'approccio brutturista funziona, la città sembra nata per insegnare il brutturismo.
Un esempio su tutti: la reggia estiva dei Savoia, Venaria Reale.
Alzi la mano chi immagina sia una specie di Versailles, Schonbrunn o Holyrood.
L'avete alzata? Ok, sappiatelo: siete vittime del marketing.
Vi immaginate arredi rococò, colonne dorate, affreschi con ninfe procaci?
Nisba, Niet, Nix.
Venaria Reale nasce dal nulla, da ruderi diroccati e ristrutturati, ha pochi affreschi, zero arredi e costa persino 12€ da visitare.
Per trovare qualcosa di bello, occorre prima riempirsi di brutto.
Il brutturista inizia con questo succulento antipasto: eccolo!
Macerie in bella vista, residui di lavori di rammendo poco invisibile eseguiti sulla costruzione.
Si possono notare sacchetti pieni di immondizia, erbacce, cassonetti e un orribile recinto metallico per valorizzare ancora meglio l'insieme dei rifiuti solidi.
Sullo sfondo si intravede il primo piano del palazzo sabaudo.
A questo punto ringraziamo di essere brutturisti, di amare i rifiuti più d un trionfo di colori del Tiepolo.
Ci riempiamo gli occhi di questa immagine e sappiamo che il resto della visita ci riserverà fantastiche sorprese al confronto.
Non confronteremo l'austera e taccagna architettura dei Savoia con la grandeur della Versailles del Re Sole.
Paragoneremo il palazzo con il recinto di spazzatura e il cuore ci si allargherà.
Che meraviglia! Fotograferemo questo esempio di a-simmetria bicolore con zampillo
e ci sentiremo degni discendenti di nobili piemontesi un po' blasè.
Dopotutto basta poco per sentirci felici, basta pensare che la bellezza non è altro che la momentanea cessazione di una sublime bruttezza.
Evviva il brutturismo! Se fossi Monti lo metterei addirittura nel programma di governo.
mercoledì 16 novembre 2011
I vostri commenti: Sem Paton e le spine
Ahi ahi, Sem Paton mi tira le orecchie.
E mi tocca anche dargli ragione, essendo lui solido tecnico, mentre le mie baite sono precariamente galleggianti nell'oceano.
La spina non può esistere come oggetto colorato e allegro in una stanza di bimbo: l'ingenuo frugoletto infatti sarebbe tentato di giocarci, metterla in bocca, infilare le dita.
Pericolo, achtung!
Quindi niente prese a topolini, ranocchie o altre simpatiche bestiole.
Solo spine asettiche con colori e forme ispirati all'oggettistica sovietica anni 50.
Cari bambini, cominciate subito a imparare che è un mondo difficile...
E mi tocca anche dargli ragione, essendo lui solido tecnico, mentre le mie baite sono precariamente galleggianti nell'oceano.
La spina non può esistere come oggetto colorato e allegro in una stanza di bimbo: l'ingenuo frugoletto infatti sarebbe tentato di giocarci, metterla in bocca, infilare le dita.
Pericolo, achtung!
Quindi niente prese a topolini, ranocchie o altre simpatiche bestiole.
Solo spine asettiche con colori e forme ispirati all'oggettistica sovietica anni 50.
Cari bambini, cominciate subito a imparare che è un mondo difficile...
martedì 15 novembre 2011
Mosca numero 1: Campagna pubblicitaria Gardenia
Immagine di sfondo:
Mucchio di sabbia e macerie in un cantiere edile.
Erbacce, piante selvatiche cresciute sopra e tutt'intorno
Slogan per la campagna pubblicitaria di Gardenia (rivista di giardinaggio), riferita a queste erbacce:
FATEVI BELLE
domenica 13 novembre 2011
Non c'è rosa tinta spine
Lo so, rompo le scatole.
Siate trasgressivi, alzate gli occhi dal PC e provate per un attimo a concedervi ciò che la vostra maestra vi rimproverava sempre.
Guardate il muro.
Cosa cambiereste?
No! Il quadro con Natura Morta che vi ha regalato vostra suocera non potrete mai sostituirlo, scordatevelo!
Riprovate: cosa c'è che non va su quel muro?
Qualcosa che stona con l'intonaco crema e i mobili cioccolato.
Fuochino, fuoco, sì sono proprio loro, le sgraziate spine dei vostri apparecchi elettrici che deturpano l'armonia della parete come un bubbone sul viso della Monna Lisa.
Magari le suddette spine, quando ve le hanno vendute, erano bianche: ora sono grigio-pantegana. Se erano nere, ora sono sempre grigio-pantegana. Se erano grigie siete fortunati perchè sono rimaste così tranne un dito di polvere.
E non è finita.
Dove mettete l'infido cavo che collega le spine alla vostra abat-jour Tiffany?
Si attorciglia, si arrucuglia, si arriccia e vi minaccia con le sue spire da anaconda: basta un passo in quell'intrico e - voilà - siete sue prede, faccia a terra.
E non è finita ancora.
Se le spine sono tante e la presa è unica, rassegnatevi: quello sarà un groviglio di mangrovie che potrete sciogliere solo con il machete.
Ho il rimedio!
Sfruttiamo la forma delle spine e dei cavi per rendere il tutto più allegro.
Addirittura possiamo ingrandirle per sdrammatizzarle e scherzarci su.
Stanza di un bimbo? Perchè non fare una presa verde a forma di ranocchio e il filo come una canna dello stagno? O grigia come un topolino e il filo rosa come coda?
Lampada del salotto buono? Potrebbe essere attaccata una spina decorata con fregi a giglio o volute barocche e filo in tinta.
Cucina rustica? Presa a forma di spicchio d'aglio o di formaggio. Cucina di design? Spine oro a gianduiotto.
Stanza da letto del single? Spina con scritta inneggiante all'indipendenza "SEI QUELLO CHE SCEGLI DI FARE".
Negozio Hermès? Spina a sagoma di Kelly (o di Birkin, se siete raffinati con due manici).
Altre idee in materia? Come sempre sono qui: alessandro.giuriani@gmail.com
sabato 12 novembre 2011
(quarta parte) i surreametri di Eidolon e uno mio
L'avevo promesso, ed eccoli qua!
Eidolon ci propone ancora altri parametri per prendere coscienza della nostra FIL (Felicita' Interna Lorda):
Quanto tempo rieci a trascorrere con i tuoi figli? (io aggiungo: che qualita' di tempo riesci a dedicare a loro?)
Quante parole scambi con i tuoi vicini di casa? (quelle scambiate tramite avvocato non valgono...)
Aggiungo un surreametro mio, dedicato alla maratona a cui partecipero' domani mattina:
Per quante ore potresti correre nella tua città'?
Domani spero meno di 4 (anche se la città non è la mia).
Eidolon ci propone ancora altri parametri per prendere coscienza della nostra FIL (Felicita' Interna Lorda):
Quanto tempo rieci a trascorrere con i tuoi figli? (io aggiungo: che qualita' di tempo riesci a dedicare a loro?)
Quante parole scambi con i tuoi vicini di casa? (quelle scambiate tramite avvocato non valgono...)
Aggiungo un surreametro mio, dedicato alla maratona a cui partecipero' domani mattina:
Per quante ore potresti correre nella tua città'?
Domani spero meno di 4 (anche se la città non è la mia).
giovedì 10 novembre 2011
Brutturismo
Vi piace fare di conto?
Dai, proviamo: siamo a Parigi.
Si sommano più sbadigli al Louvre oppure in una stazione piastrellata della Metropolitana?
Continuiamo con le addizioni: vedete più facce devastate a Venezia in Piazza San Marco oppure nei pressi del Petrolchimico?
Dai, è facile e intuitivo! Incontrate più sguardi sconfitti alla fine dei Musei Vaticani oppure nelle vie tra i casermoni di Tor Bella Monaca?
Ultima! Più occhiaie alla sala XV degli Uffizi oppure tra le birre di un bar perlinato modello anni '70?
Diciamocelo: il bello a volte è noiosissimo, specie se percorso a passo di lumaca in ambienti bui e soffocanti. Magari al seguito di una guida logorroica.
E invece il brutto? Signori, può essere magnifico, affascinante.
Attenzione, parlo del brutto genuino, puro, senza compromessi. Non del brutto che si pavoneggia e si crede caruccio, tutto sommato.
Sì alla ciminiera, no alla torretta finto-gotico dell'outlet.
Sì alla fabbrica diroccata, no al locale medioevale con il forno a microonde.
Possiamo dovunque: visitiamo, fotografiamo, riempiamoci gli occhi di brutto.
Per poi apprezzare veramente il bello.
Lo chiamo Brutturismo.
Mai stati a Ferrara? Consiglio di uscire a Ferrara Nord, costeggiare la raffineria dell'ENI e ammirare i fumi che escono dalle torce metalliche.
Spettacolo futurista, veduta da Blade Runner.
Il brutturista è felice, ha trovato come strutturare la sua visita: lo stabilimento sarà il suo sfondo che non dimentica.
Per contrasto amerà l'entrata fra le mura medievali, il Castello Estense, il Duomo e la città antica.
Il brutturista non si trascina con il suo marsupio implorando un panino al salame.
Non squadra un quadro di Hyeronimus Bosch con palpebra calante come davanti alla pubblicità del detersivo.
Non parla di calcio davanti a un battistero, non strepita per vedere Notre Dame dal pullmann e andare subito al ristorante.
Sa che c'è il brutto, se ne riempie gli occhi. E così gode davvero con il bello.
Lancio ufficialmente il mese della Guida Brutturista, da oggi fino al 31 dicembre.
Scopo: raccogliere i miei e vostri percorsi brutturisti e amare davvero il nostro mondo.
Nel bene e nel male, nel brutto e nel bello.
Dai, proviamo: siamo a Parigi.
Si sommano più sbadigli al Louvre oppure in una stazione piastrellata della Metropolitana?
Continuiamo con le addizioni: vedete più facce devastate a Venezia in Piazza San Marco oppure nei pressi del Petrolchimico?
Dai, è facile e intuitivo! Incontrate più sguardi sconfitti alla fine dei Musei Vaticani oppure nelle vie tra i casermoni di Tor Bella Monaca?
Ultima! Più occhiaie alla sala XV degli Uffizi oppure tra le birre di un bar perlinato modello anni '70?
Diciamocelo: il bello a volte è noiosissimo, specie se percorso a passo di lumaca in ambienti bui e soffocanti. Magari al seguito di una guida logorroica.
E invece il brutto? Signori, può essere magnifico, affascinante.
Attenzione, parlo del brutto genuino, puro, senza compromessi. Non del brutto che si pavoneggia e si crede caruccio, tutto sommato.
Sì alla ciminiera, no alla torretta finto-gotico dell'outlet.
Sì alla fabbrica diroccata, no al locale medioevale con il forno a microonde.
Possiamo dovunque: visitiamo, fotografiamo, riempiamoci gli occhi di brutto.
Per poi apprezzare veramente il bello.
Lo chiamo Brutturismo.
Mai stati a Ferrara? Consiglio di uscire a Ferrara Nord, costeggiare la raffineria dell'ENI e ammirare i fumi che escono dalle torce metalliche.
Spettacolo futurista, veduta da Blade Runner.
Il brutturista è felice, ha trovato come strutturare la sua visita: lo stabilimento sarà il suo sfondo che non dimentica.
Per contrasto amerà l'entrata fra le mura medievali, il Castello Estense, il Duomo e la città antica.
Il brutturista non si trascina con il suo marsupio implorando un panino al salame.
Non squadra un quadro di Hyeronimus Bosch con palpebra calante come davanti alla pubblicità del detersivo.
Non parla di calcio davanti a un battistero, non strepita per vedere Notre Dame dal pullmann e andare subito al ristorante.
Sa che c'è il brutto, se ne riempie gli occhi. E così gode davvero con il bello.
Lancio ufficialmente il mese della Guida Brutturista, da oggi fino al 31 dicembre.
Scopo: raccogliere i miei e vostri percorsi brutturisti e amare davvero il nostro mondo.
Nel bene e nel male, nel brutto e nel bello.
Iscriviti a:
Post (Atom)