Poche cose stimolano la mia immaginazione distruttiva come volare in aereo.
Pur compiendo numerosi viaggi all'anno su questo mezzo, nulla riesce a fermare l'orribile metamorfosi che si scatena in me.
Kafka e il suo scarafaggio sono un cartone animato della Disney, in confronto.
Cosa succede?
Fino all'imbarco spendo come un mafioso russo nei negozi improbabili dell'aeroporto: riviste patinate, snack messicani e gagdet postmoderni.
Al momento del decollo mi trasformo in un penitente medioevale.
Sento la vita appesa a un filo, vedo il mondo scorrere in basso e mortifico la mia carne.
Mi stringo il cilicio della cintura di sicurezza e osservo con cipiglio da Savonarola i piaceri sibariti del pasto offerto dalla compagni aerea.
In altre parole ho una fifa blu.
Sarà la sindrome da ultimo saluto, sarà per evitare che il mio vicino di posto mi veda contratto in un rictus di terrore, ma nel momento del decollo getto sempre un'occhiata strabica dall'oblò.
E per un attimo il mondo visto dall'alto è meraviglioso.
L'idroscalo appare come un lago alpino appena fuori città, la tangenziale un ameno sentiero percorso da macchine-formiche e Milano 2 un alpeggio dolomitico.
Ogni città da cui ci si alza in volo ha un colore particolare vista da sopra, quello dei suoi tetti. Milano è grigia un po' come tutto il resto, Venezia è rosso specchiato nella laguna d'argento, Roma bianca come il suo tufo, e così via.
L'atterraggio è tuttavia il momento in cui i carmina burana più cupi risuonano in me. L'avvicinamento a quella minuscola pista là sotto è magia nera, mi ripeto che il pilota deve avere una mira da cestista per centrarla esattamente.
Ancora una volta il mondo mi riappare visto dall'alto, ma che differenza!
E' tutto diverso, è un altra nazione, è il nostro miracolo tutto umano quello di poterci arrivare in poche ore .
E che sorpresa meravigliosa i tetti che si incontrano, è la prima inquadratura della nuova realtà che andremo a vivere.
Bruxelles? Piccole casette a schiera con tetti ad angolo acuto grigi. Parigi? Tetti grigi brillanti di ardesia tagliati dalla Senna. Las Vegas? Tetti rossi contornati da piscine azzurre. Chicago? Sommità di grattacieli brillanti sul lago. Seattle? Distese di vetrate tra boschi di conifere e oceano.
Ebbene, io ho un sogno.
Offrire a chi atterra in città una sensazione nuova, quella di essere arrivato in un luogo colorato. Come il mio paese, come la nostra fantasia, come la nostra creatività.
Sogno tetti costruiti con tegole di colori tutti diversi e materiali differenti: verdi brillante, blu cobalto, fucsia, gialle ocra intervallate da vetri, acciaio, legno e mattoni.
Mi immagino sorrisi dalla prima classe fino agli strapuntini delle hostess, amministratori delegati che strabuzzano gli occhi e commercialisti che vorranno passeggiare con il naso per aria.
Fantastico di uscire in un giorno di pioggia per ammirare i tetti variopinti rifratti dall'acqua.
Alla fin fine, se tutto questo colore ci stancherà, potremo sempre dare uno sguardo rilassato alla cappa di smog grigio che sa così tanto di bei vecchi tempi.
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